Spesso un posto non esiste semplicemente perché non siamo più capaci di vederlo, distratti dalle nostre preoccupazioni o corrotti dalle abitudini quotidiane. Eppure quell’imbuto d’asfalto che immette in via Meduna e Borgo Campagna c’è sebbene conteso dagli affezionati e ostinati avventori dei bar, dalle auto in transito e dai parcheggi che ne sequestrano porzioni significative.
Eppure qui la vita ha sempre vibrato: sulla strada che l’ha limitata
viaggiatori hanno potuto raggiungere la Germania, hanno transitato
baldanzosi eserciti invasori e sconfitti soldati in ritirata.
Dentro vicolo Mantegna nel marzo 1921 nacque la Cooperativa
Operaia di Consumo che, contrariamente ad altre esperienze analoghe, riuscì a superare indenne i momenti difficili del ventennio fascista.
Un gruppetto di spavalde camicie nere provenienti da Udine sostò in
piazzetta la domenica mattina dell’8 maggio 1921 per tenere un comizio, ma venne fischiato e messo in fuga: ne nacquero le barricate di Torre.
Negli anni trenta in un cortile vicino si allestiva il fantoccio della
“vecia Clementina” che, dopo essere stata portata in corteo per le vie di Pordenone, ritornava in piazzetta per essere processata dal balcone della casa “Pacega” e immancabilmente condannata al rogo. In quella stessa casa “sior” Ferruccio Pacchiega aveva la stalla dei cavalli e da lì usciva con il calesse per il giro delle sue proprietà o la cura dei suoi affari.
Eppure qui la vita ha sempre vibrato: sulla strada che l’ha limitata
viaggiatori hanno potuto raggiungere la Germania, hanno transitato
baldanzosi eserciti invasori e sconfitti soldati in ritirata.
Dentro vicolo Mantegna nel marzo 1921 nacque la Cooperativa
Operaia di Consumo che, contrariamente ad altre esperienze analoghe, riuscì a superare indenne i momenti difficili del ventennio fascista.
Un gruppetto di spavalde camicie nere provenienti da Udine sostò in
piazzetta la domenica mattina dell’8 maggio 1921 per tenere un comizio, ma venne fischiato e messo in fuga: ne nacquero le barricate di Torre.
Negli anni trenta in un cortile vicino si allestiva il fantoccio della
“vecia Clementina” che, dopo essere stata portata in corteo per le vie di Pordenone, ritornava in piazzetta per essere processata dal balcone della casa “Pacega” e immancabilmente condannata al rogo. In quella stessa casa “sior” Ferruccio Pacchiega aveva la stalla dei cavalli e da lì usciva con il calesse per il giro delle sue proprietà o la cura dei suoi affari.
All’interno del Cral si tirava di box, mentre nella terrazza esterna si
ballava nelle tranquille sere d’estate sotto un cielo pieno zeppo di stelle.
Le donne del borgo si recavano in piazzetta a fare le compere anche di domenica mattina, dopo aver partecipato alla messa, per preparare il pranzo della festa; d’inverno si concedevano anche un riscaldante grappino al bar.
L’acqua della fontana cadeva continua nel lavatoio a tre vasche
comunicanti dove venivano lavati i panni propri con il sapone fatto in
casa e quelli degli altri con i pettegolezzi, mentre i ragazzini giocavano ai quattro cantoni sotto il piccolo portico di fronte a “cibè” sulla strada sterrata.
ballava nelle tranquille sere d’estate sotto un cielo pieno zeppo di stelle.
Le donne del borgo si recavano in piazzetta a fare le compere anche di domenica mattina, dopo aver partecipato alla messa, per preparare il pranzo della festa; d’inverno si concedevano anche un riscaldante grappino al bar.
L’acqua della fontana cadeva continua nel lavatoio a tre vasche
comunicanti dove venivano lavati i panni propri con il sapone fatto in
casa e quelli degli altri con i pettegolezzi, mentre i ragazzini giocavano ai quattro cantoni sotto il piccolo portico di fronte a “cibè” sulla strada sterrata.
L’acqua era freschissima e una parte, sapientemente convogliata
all’interno della bottega dei Santarossa, serviva in estate a
conservare il burro ed il formaggio quando il frigo ancora non esisteva.
In piazzetta venne trasferita anche la latteria turnaria fino alla
all’interno della bottega dei Santarossa, serviva in estate a
conservare il burro ed il formaggio quando il frigo ancora non esisteva.
In piazzetta venne trasferita anche la latteria turnaria fino alla
costruzione della nuova sede più in là dentro via Meduna, poco prima del “curtivon”, dove si facevano volare gli aquiloni costruiti da “Cecchino”: al suo posto venne il panificio Nardo.
C’era il bar di Gigi Mucignat, luogo preciso e conosciuto di ritrovo
e appuntamento: dentro si giocava a carte, mentre fuori, d’estate,
i giovanotti giocavano a pallone “in notturna”. Invece Marta, “dotor
profesor Gino, pitor de Pordenon”, piantava il cavalletto in mezzo
alla piazzetta e tra una pennellata e l’altra vi entrava per acchiappare l’ispirazione inseguendola tra le “ombre”.
C’era il bar di Gigi Mucignat, luogo preciso e conosciuto di ritrovo
e appuntamento: dentro si giocava a carte, mentre fuori, d’estate,
i giovanotti giocavano a pallone “in notturna”. Invece Marta, “dotor
profesor Gino, pitor de Pordenon”, piantava il cavalletto in mezzo
alla piazzetta e tra una pennellata e l’altra vi entrava per acchiappare l’ispirazione inseguendola tra le “ombre”.
foto by Sergio Bagaggia |
Attorno alla piazzetta sono arrivate a fiorire più di trenta attività
commerciali che soddisfacevano quasi completamente i bisogni dell’intero borgo, comprese tre parrucchiere per signora. C’erano anche le sezioni dei partiti i cui militanti si riunivano regolarmente in stanzette fumose per poi ritrovarsi davanti al bancone del bar dove Gigi, fino all’una di notte, serviva tartine con “muset” o frittata e ombre “a metro”.
Da qui partivano gare ciclistiche ed anche la marcia notturna Pordenone
Caorle del primo maggio.
Insomma la piazzetta è sempre stata un “centro di gravità permanente”, un baricentro dal solido equilibrio dove si poteva guardare senza sofisticati sdoppiamenti mentali le cose che accadevano e le persone con cui si aveva a che fare.
commerciali che soddisfacevano quasi completamente i bisogni dell’intero borgo, comprese tre parrucchiere per signora. C’erano anche le sezioni dei partiti i cui militanti si riunivano regolarmente in stanzette fumose per poi ritrovarsi davanti al bancone del bar dove Gigi, fino all’una di notte, serviva tartine con “muset” o frittata e ombre “a metro”.
Da qui partivano gare ciclistiche ed anche la marcia notturna Pordenone
Caorle del primo maggio.
Insomma la piazzetta è sempre stata un “centro di gravità permanente”, un baricentro dal solido equilibrio dove si poteva guardare senza sofisticati sdoppiamenti mentali le cose che accadevano e le persone con cui si aveva a che fare.
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