FRANCO MARTELLI
Il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer (1906 -1945), fiero e pressoché isolato oppositore del nazismo, ci ha lasciato questa terribile osservazione :
“In determinate circostanze gli uomini vengono resi stupidi, ovvero si lasciano rendere tali. …. Qualsiasi ostentazione esteriore di potenza politica o religiosa che sia, provoca l’istupidimento di una gran parte degli uomini. Sembra anzi che si tratti di una legge socio-psicologica: la potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri”.
Il suo ragionare diverso, in una Germania che si identificava pressoché totalmente nel fuhrer, gli costò la morte per impiccagione nel campo di concentramento di Flossemburg, il 9 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della guerra.
In quel periodo altri uomini di altri Paesi seppero opporsi all’ istupidimento e alla paura a costo della propria vita : tra questi molti partigiani italiani.
Ed è proprio uno di questi che qui voglio ricordare: Franco Martelli che il 27 novembre 1944, pochi mesi prima della Liberazione, venne fucilato dai nazifascisti a Pordenone: aveva 33 anni e lasciava la moglie e tre figli in giovane età. Siciliano, militare di carriera era stato destinato alla caserma Mitica di Pordenone dove aveva sede il Saluzzo Cavalleria. Durante la guerra fu destinato alle operazioni militari in Croazia dove probabilmente ebbe occasione di vedere le atrocità della controguerriglia e dei rastrellamenti delle popolazioni civili da parte dell’esercito italiano alleato dei nazi- fascisti.
Dopo l’otto settembre 1943 che segnò lo spappolamento dell’esercito italiano, rientrò a casa come molti suoi connazionali lasciati senza ordini dai comandi militari e dallo stesso Re Vittorio Emanuele III° fuggito nel sud Italia, al riparo delle truppe alleate.
Raggiunse Pordenone portando con se la bandiera del Reggimento che, seppellita nel giardino di un conoscente, poté essere salvata e consegnata dalla vedova nelle mani del Re Umberto II°. Borghese, fedele al giuramento prestato al Re considerato garante e simbolo dell’unità d’Italia, di sentimenti religiosi cattolici e rispettoso delle tradizioni, si schierò con i Partigiani diventando Comandante del ragruppamento Osoppo ed in seguito, Capo di Stato Maggiore della brigata partigiana unificata Ippolito Nievo B: diede impulso anche alla Resistenza cittadina dove fece nascere il battaglione “Naonis”. Era contrario alla violenza fine a se stessa, persuaso che il sangue dei propri uomini andasse risparmiato ed usato generosamente senza esitazioni solo quando era assolutamente inevitabile o necessario: da rigoroso militare era convinto che chi combatteva con onore poteva essere utile alla causa più da morto che da vivo. Fu il suo destino: scoperta la sua attività clandestina, fu arrestato e condannato a morte.
I tedeschi, riconoscendo il suo valore di militare, gli concessero di comandare il plotone di esecuzione. Morì gridando “Viva l’Italia”.
Franco Martelli è stato indubbiamente uno dei personaggi più limpidi della guerra di Liberazione a Pordenone. Riposa nel cimitero cittadino tra i benemeriti della città.
Nel cortile della caserma dove fu fucilato contro il muro di cinta del lato nord e dove dovrebbe finalmente sorgere un luogo della memoria aperto a tutta la cittadinanza, ogni anno si celebra quel 27 novembre alla presenza dei reduci e delle autorità cittadine.
Credo che nella celebrazione dell’unità d’Italia un posto spetti anche ai tanti uomini della Resistenza che, come Franco Martelli, non aspettarono passivamente la liberazione dell’Italia da armi straniere anche se alleate. Un filo ideale li unisce al Risorgimento perché nel periodo storico loro dato, hanno creduto che gli italiani non dovessero ricevere ma conquistare la propria libertà, proprio come aveva ammonito Giuseppe Mazzini .
Benvenuto Sist