BORGO MEDUNA

foglio di quartiere

SpiazzaBorgo e’ una riflessione sviluppata nel quartiere, con il quartiere; una sperimentazione collettiva attivata tra diverse generazioni.

SpiazzaBorgo e’ un percorso, caratterizzato da incontri e confronti, il cui punto di partenza è il progetto Genius Loci: un’azione progettuale comune tra istituzioni (Ass6, Provincia, Comune e Cooperazione Sociale) e realtà
associative locali, il cui scopo è quello di concretizzare un’idea di comunità partecipe e attiva nell’incontro tra generazioni.

SpiazzaBorgo è uno spazio, fatto di carta e ora anche sotto forma di blog in internet, arricchito da pensieri prima condivisi poi scritti, che aspira ad essere di tutti attraverso l’interazione occasionale, il passaparola spontaneo e l’impegno di un intero quartiere.

Se volete partecipare scrivete ogni vostra impressione, anedotto, articolo, pensiero e impressione cliccando sotto i post alla voce "commento" o inviando liberamente i vostri scitti a : fogliodiquartiere@gmail.com

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Buona lettura!

martedì 26 luglio 2011

Piazzetta e biciclette

Le cronache dicono che negli anni venti, una bicicletta costava l’equivalente di quasi due anni di salario: per molto tempo dunque non poté essere a disposizione di molti. La sua diffusione fu necessariamente graduale in rapporto alle disponibilità economiche e alle necessità degli acquirenti.
Utile anche in momenti difficili come l’ultima guerra, consentì  a chi abitava in città di girare le campagne per acquistare cibo dai contadini o rincorrere più velocemente le voci del mercato nero. Anche la fruttivendola che aveva il suo negozio in piazzetta fin dai primi anni venti, ne aveva usata una “da omo” per approvvigionarsi  nei dintorni e non solo, tanto che da lei si potevano trovare anche i pregiati “fighi mori” di Caneva.
Archiviata la guerra si ricominciò a cantare con ritrovata vivacità “Ma dove vai bellezza in bicicletta, così di fretta pedalando con ardor? Le gambe snelle, tornite e belle, m'hanno già messo la passione dentro al cuor!”


Via Udine Borgomeduna

Era il 1951 anno del film di successo  “Bellezze in bicicletta”, che agitò i sonni di  molti parroci preoccupati della pubblica moralità.  Badando alla praticità e più sicure del loro agire che non dei sermoni domenicali, le donne del tempo continuarono tranquillamente ad inforcare la loro bicicletta “da femena” per raggiungere la piazzetta dove fare le compere: con una robusta sporta di paglia intrecciata appesa al manubrio “le andea in botega” dove barattavano le uova con i generi alimentari. 
D’altra parte anche i cappellani di San Marco ne usavano una uguale, impediti com’erano dalle lunga tonaca nera: andavano a dir Messa nella nuova cappella in fondo a via Meduna dove c’erano “le busate”. Quando portavano il “saturno”, un copricapo rotondo e rigido che sembrava un disco volante,  pedalavano  con la testa leggermente abbassata: non era per modestia, serviva solo a non farlo volar via.
La bicicletta era anche  un vero e proprio  mezzo di lavoro: la usava tutti i giorni il postino con la borsa di cuoio , gonfia di posta, agganciata  sul davanti . La pescivendola la usava per andare a vendere il “pes” conservato in cassette di legno e coperto di ghiaccio tritato.
Il panettiere caricava la cesta del pane su una speciale, senza “ruota libera” che lo costringeva  a girare continuamente le gambe anche per rallentare o frenare.
Pure la bicicletta dell’arrotino che abitava vicino alla piazzetta, era speciale : fissata sul  cavalletto permetteva al “guetta” ,  dritto in sella, di pedalare e affilare. Tra una pedalata e l’altra si dedicava   a raddrizzare  “le coste” agli  ombrelli. 
Così, per la legge del mercato , attorno alla piazzetta c’erano i negozi di chi le biciclette le  riparava e di chi le vendeva o noleggiava.
Negli anni  cinquanta arrivò il “boom economico” e con esso gli scooter come la “Vespa” e le auto  come la Fiat  “Seicento”.  Presso le ragazze l’indice di gradimento dei ragazzi in bicicletta scese  verticalmente, quasi come quello del baccalà: da tempo infatti le ragazze avevano incominciato a respingere i corteggiatori che “odoravano di bacalà”, cibo ormai confinato ai livelli bassi della  scala alimentare e  sociale.
Tramontavano così  i tempi del film  “Ladri di biciclette” e si affermavano definitivamente quelli di “Vacanze romane”  in   “Vespa”.

Benvenuto Sist

Ricordo di Giacomo Santarossa

Non si appartiene a un luogo solo perché vi si è nati, ma perché si è dato un contributo alla sua vita sociale, soprattutto se si proviene da altri paesi,  poco importa se del circondario o da molto più lontano.  E’ la vicenda di molti “borgomedunesi”  arrivati in questo quartiere ragazzini insieme ai propri genitori che cercavano di stare  più vicini alle occasioni di lavoro che Pordenone continuava ad offrire  grazie ai suoi cotonifici e alle sue officine. A Borgomeduna hanno trovato una nuova casa  ed hanno potuto costruire  la propria realtà di vita. Tra questi c’era, com’è difficile dire c’era, anche Giacomo Santarossa arrivato a Borgomeduna all’età di cinque anni da Sacile. Tra le masserizie caricate su un carro trainato da due cavalli, la sua famiglia aveva messo  anche una impastatrice che sarebbe servita  per riattivare il panificio Cum in via San Giuliano. Da quel lontano 1945, fino al 2011 anno in cui Giacomo ci ha lasciati, ha sempre vissuto in piazzetta diventandone non solo un attivo commerciante ma anche un testimone discreto e riservato degli avvenimenti. Gran parte di quello che si è scritto su Borgomeduna lo si deve ai suoi ricordi che spesso  è stato chiamato a raccontare ai bambini della  scuola elementare “De Amicis” in via Udine: racconti di vita quotidiana per tramandare la giudiziosa sobrietà di quei tempi, senza pontificare sui comportamenti delle singole persone.
Nel muro verso Udine della sua casa, la riconoscibile e adagiata casa “Pacchiega” , aveva fatto restaurate la scritta “Pordenone  Borgo Meduna” che indicava l’ingresso sud est alla città .

 Così nella sua attività di consigliere di circoscrizione ha sempre sostenuto l’utilità commerciale e sociale della piazzetta e di Borgomeduna, cercando di evitare soluzioni che la riducessero a isolata zona  di transito, dove non fosse più possibile sostare: per lui era stata e doveva rimanere quello che altri hanno poi inteso e chiamato , “un centro di gravità permanente”.

Benvenuto Sist

lunedì 18 luglio 2011

"Borgomeduna" - Una lunga linea sul muro


Percorso  (Adalberto C)

Una linea immaginaria come
un filo di arianna da seguire,
sguardi non più legati
a colori, ma a sensazioni
di tatto.
L'immagine del percorso
legato a luoghi sicuri,
per nulla chiari per tutti,
ma forse solo alla sensibilità
di pochi... di uno...
Una linea chiaro scuro, che
lascia trasparire la presenza
di chi, è più legato alle
sensazioni, emozioni e perchè
no, ad un muro.
Muro che ogni giorno segna
un percorso, un riferimento
un segno famigliare,un filo
da seguire e non dimenticare,
per non perdersi.

venerdì 1 luglio 2011

C'era un posto...... la piazzetta di Borgo Meduna

 
Spesso un posto non esiste semplicemente perché non siamo più capaci di vederlo, distratti dalle nostre preoccupazioni o corrotti dalle abitudini quotidiane. Eppure quell’imbuto d’asfalto che immette in via Meduna e Borgo Campagna c’è sebbene conteso dagli affezionati e ostinati avventori dei bar, dalle auto in transito e dai parcheggi che ne sequestrano porzioni significative.
Eppure qui la vita ha sempre vibrato: sulla strada che l’ha limitata
viaggiatori hanno potuto raggiungere la Germania, hanno transitato
baldanzosi eserciti invasori e sconfitti soldati in ritirata.
Dentro vicolo Mantegna nel marzo 1921 nacque la Cooperativa
Operaia di Consumo che, contrariamente ad altre esperienze analoghe, riuscì a superare indenne i momenti difficili del ventennio fascista.
Un gruppetto di spavalde camicie nere provenienti da Udine sostò in
piazzetta la domenica mattina dell’8 maggio 1921 per tenere un comizio, ma venne fischiato e messo in fuga: ne nacquero le barricate di Torre.
Negli anni trenta in un cortile vicino si allestiva il fantoccio della
“vecia Clementina” che, dopo essere stata portata in corteo per le vie di Pordenone, ritornava in piazzetta per essere processata dal balcone della casa “Pacega” e immancabilmente condannata al rogo. In quella stessa casa “sior” Ferruccio Pacchiega aveva la stalla dei cavalli e da lì usciva con il calesse per il giro delle sue proprietà o la cura dei suoi affari.
All’interno del Cral si tirava di box, mentre nella terrazza esterna si
ballava nelle tranquille sere d’estate sotto un cielo pieno zeppo di stelle.
Le donne del borgo si recavano in piazzetta a fare le compere anche di domenica mattina, dopo aver partecipato alla messa, per preparare il pranzo della festa; d’inverno si concedevano anche un riscaldante grappino al bar.
L’acqua della fontana cadeva continua nel lavatoio a tre vasche
comunicanti dove venivano lavati i panni propri con il sapone fatto in
casa e quelli degli altri con i pettegolezzi, mentre i ragazzini giocavano ai quattro cantoni sotto il piccolo portico di fronte a “cibè” sulla strada sterrata.
L’acqua era freschissima e una parte, sapientemente convogliata
all’interno della bottega dei Santarossa, serviva in estate a
conservare il burro ed il formaggio quando il frigo ancora non esisteva.
In piazzetta venne trasferita anche la latteria turnaria fino alla
costruzione della nuova sede più in là dentro via Meduna, poco prima del “curtivon”, dove si facevano volare gli aquiloni costruiti da “Cecchino”: al suo posto venne il panificio Nardo.
C’era il bar di Gigi Mucignat, luogo preciso e conosciuto di ritrovo
e appuntamento: dentro si giocava a carte, mentre fuori, d’estate,
i giovanotti giocavano a pallone “in notturna”. Invece Marta, “dotor
profesor Gino, pitor de Pordenon”, piantava il cavalletto in mezzo
alla piazzetta e tra una pennellata e l’altra vi entrava per acchiappare l’ispirazione inseguendola tra le “ombre”.


foto by Sergio Bagaggia

Attorno alla piazzetta sono arrivate a fiorire più di trenta attività
commerciali che soddisfacevano quasi completamente i bisogni dell’intero borgo, comprese tre parrucchiere per signora. C’erano anche le sezioni dei partiti i cui militanti si riunivano regolarmente in stanzette fumose per poi ritrovarsi davanti al bancone del bar dove Gigi, fino all’una di notte, serviva tartine con “muset” o frittata e ombre “a metro”.
Da qui partivano gare ciclistiche ed anche la marcia notturna Pordenone
Caorle del primo maggio.
Insomma la piazzetta è sempre stata un “centro di gravità permanente”, un baricentro dal solido equilibrio dove si poteva guardare senza sofisticati sdoppiamenti mentali le cose che accadevano e le persone con cui si aveva a che fare.