La festa di san Marco cade il 25 aprile e corrisponde alla data della morte del santo avvenuta nel 68 ad Alessandria d’Egitto. Contemporaneo di Pietro e Paolo, del primo diventò discepolo e collaboratore , con il secondo litigò. Scrisse quello che è ritenuto il più antico Vangelo probabilmente raccogliendo i racconti e i ricordi del primo apostolo . Il suo simbolo di evangelista, il leone alato, è diventato il simbolo di Venezia. Il legame di Marco con la terra veneziana è antico e passava per la evangelizzazione della città di Aquileia documentata dall’evangelario di Marco che si pretendeva chirografario.
Nel 828 i veneziani si impossessarono delle reliquie del santo trafugandole da Alessandria d’Egitto, creando così il definitivo legame tra il santo e Venezia per la gloria ed il prestigio della città e delle sue imprese. Un proverbio veneziano recita ancora “Chi g’ha el Santo, g’ha anca el miracolo”
( chi ha il santo ha anche il miracolo ) . Proverbio particolarmente azzeccato nel Medio Evo quando il culto di un santo e il possesso delle reliquie significava fiere e mercati con relativo prestigio economico e politico per la città. La Serenissima, in onore di San Marco festeggiava anche il 31 gennaio , dies translationis corporis e il 25 giugno giorno nel quale nel 1094 vennero trovate le reliquie nella basilica di san Marco.
Molte le leggende popolari che fiorirono attorno a questa data e ancora oggi nella ricorrenza del 25 aprile i veneziani usano regalare un bocciolo ,“bocolo”, di rosa alla propria amata.
Una delle leggende vuole che nell’ottocento la figlia del Doge, Maria, amasse ricambiata Tancredi un giovane di umili origini. Su consiglio dell’amata Tancredi andò a combattere i Saraceni per guadagnare gloria e prestigio agli occhi del suocero. Ferito mortalmente in battaglia cadde su un roseto e prima di morire affidò all’amico Orlando un bocciolo di rosa, tinto dal rosso del suo sangue, perché lo consegnasse all’amata come pegno d’amore. Orlando mantenne l’impegno ma il giorno dopo averlo ricevuto, il 25 aprile, Maria fu trovata morta sul suo letto con il bocciolo dell’amato sul petto.
Pordenone , essendo stata terra veneziana ed avendo assunto anch’essa San Marco come patrono della città ha creato, meno romanticamente , la consuetudine di “Andar in Cumina a magnar la fortaia” .
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Foto concesse da Benvenuto Sist |
Andare cioè il 25 aprile nei prati a nord della città in località
Comina , o in quelli verso il Meduna a godersi il primo tiepido sole di primavera con parenti e amici per mangiare la frittata. Frittata condita con le prime erbe spontanee di primavera come bruscandoli, grisul o pavariel raccolte nei prati , oppure con il salame appena stagionato , il tutto accompagnato dalla primissima insalatina d’orto e da buoni bicchieri di vino, travasato di fresco e magari imbottigliato al venerdì di Pasqua per mantenerlo frizzante, soprattutto il bianco.
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Foto concesse da Benvenuto Sist |
Oggi andar per prati è sempre più problematico, ma a Borgomeduna si cerca di far sopravvivere la tradizione (così come quella del falò), grazie alla intraprendenza e disponibilità del Rugby Pordenone di Via Mantegna e la collaborazione del progetto Genius Loci, presso la Club House della società vicino l’università e in fondo dove ci sono i campi sportivi.
Buon San Marco a tutti.
Benvenuto Sist
(spendo oggi un semplice ma importante ringraziamento a Benvenuto Sist, che con passione e impegno, senza ricerca di ribalta, offre con continuità, un prezioso contributo per tuttà la comunità. Gennaro)